Mps, Carige e i crediti deteriorati: cosa succede alle banche italiane?
Per il sistema bancario italiano il nuovo anno è iniziato in salita. La crisi di Banca Carige e il conseguente commissariamento da parte della Banca Centrale Europea ha dato vita a nuove e vecchie preoccupazioni sullo stato di salute delle banche italiane.
LA CRISI DI BANCA CARIGE
La crisi dell’istituto genovese, che segue la questione ancora aperta di Monte dei Paschi di Siena, ha visto l’intervento del governo giallo-verde che ha varato in tempi record il decreto di “salvataggio” della banca. Nel decreto il Governo ha stanziato 1,2 miliardi di euro a garanzia del capitale per le future emissioni di obbligazioni da parte di Carige e su un’eventuale richiesta di ulteriore liquidità a Banca d’Italia.
È presto per azzardare valutazioni sul futuro di Carige, sul piatto delle ipotesi al momento resta in piedi un processo di nazionalizzazione temporanea da parte del Tesoro italiano oltre alla possibilità di una acquisizione dell’istituto da parte di altri colossi bancari italiani. Si parla con insistenza di un interesse di Unicredit, ma anche di Ubi o di un gruppo estero presente in Italia come Crédit Agricole.
Se da un lato l’intervento politico ha temporaneamente ridimensionato l’allarme rosso scattato a seguito dell’assemblea del 22 dicembre e del conseguente commissariamento, nuove nubi si stagliano all’orizzonte per il sistema bancario italiano.
MPS E LE OSSERVAZIONI DELLA BCE
Il futuro incerto di Banca Carige si somma alle problematiche non ancora del tutto risolte di Monte dei Paschi di Siena.
A riaccendere i riflettori sulla tormentata banca senese è la stessa Banca Centrale Europea che lo scorso 5 dicembre ha inviato all’istituto una lettera contenente le nuove richieste dei requisiti prudenziali da rispettare per il 2019. Ma soprattutto ha indicato i rischi e i punti di debolezza che la banca deve affrontare. Più che di una lettera, si tratta di una serie di rimostranze in cui si evidenzia la necessità di migliorare la redditività, fino ad oggi secondo la Bce ancora inferiore agli obiettivi del Piano.
In riferimento alla condizione patrimoniale dell’istituto, l’analisi della Bce parla di una situazione indebolita dagli impatti dell’aumento dei differenziali di spread tra BTp e Bund dei mesi scorsi. Proprio sul tema della raccolta, gli ispettori di Francoforte lanciano l’allarme mettendo in evidenza le sfide poste dal piano di ristrutturazione sul lato del funding e sulla capacità di Mps di attuare con successo la propria strategia di raccolta, viste le turbolenze che si stanno verificando nei mercati italiani.
GLI NPL E LA DEADLINE DELLA BCE
Potrebbe apparire come una corsa ai ripari quella della Vigilanza della Bce che ha invitato le banche italiane a ridurre l’incidenza dei crediti deteriorati (Non Performing Loans) fino ad un loro azzeramento entro i prossimi anni. In questo caso non si tratta di un invito rivolto esclusivamente a Carige e Mps, la missiva proveniente da Francoforte infatti coinvolge l’intero sistema bancario europeo.
Facendo le dovute differenze e indicando delle scadenze diversificate per ogni Istituto, la Bce richiama le banche italiane per l’attuazione di un piano per aumentare le coperture fino a svalutare integralmente lo stock di crediti deteriorati in un arco pluriennale predefinito.
Lo schema proposto dalla Bce presuppone una ripartizione degli istituti bancari in tre macro-gruppi, suddivisi in base all’entità delle sofferenze in tema di Npl.
Per quanto riguarda gli istituti di prima fascia come Unicredit e Intesa Sanpaolo, le aspettative prevedono una copertura minima del 60% entro fine 2020 sui crediti garantiti, per arrivare al 100% nel 2024. Sui non garantiti, la copertura minima è del 70% a fine 2020 così da arrivare al 100% nel 2023. È questo il caso di una banca come Unicredit, che ha già confermato il 2024 come la deadline indicata dalla Bce per completare gli accantonamenti. Anche Intesa Sanpaolo ha evidenziato come gli impatti sugli obiettivi del Piano d’impresa non siano significativi.
Nella seconda fascia sono invece ricomprese le banche con una capacità più contenuta di coprire i crediti non performanti. In questo caso si parte da una richiesta di copertura minima al 50% sui crediti garantiti al 2020, mentre l’orizzonte massimo per completare gli accantonamenti slitta al 2025. In questa classe dovrebbero essere ricomprese diverse banche europee tra cui alcune banche italiane come Ubi Banca, Banco Bpm e Bper.
Il terzo macro-gruppo ricomprende invece le banche più in difficoltà e alle quali Francoforte ha concesso di abbassare l’asticella minima al 40% a fine 2020 sui crediti garantiti da collaterale, per allungare a sette anni, al 2026, il termine massimo per la piena copertura. In questo gruppo è compresa Banca Mps, a livello europeo ricadrebbero diverse banche in condizione di criticità, in particolare nei paesi dell’Est-Europa, in Irlanda e in Grecia.
CONCLUSIONI
Le banche italiane sono nel pieno di una dura prova di forza. Gli errori commessi e le difficoltà finanziarie di questi anni hanno dato origine a un’ondata di oscillazioni ancora in corso. Da Mps a Carige, passando per l’aumento dello spread di cui abbiamo avuto modo di parlare in precedenza, il sistema bancario italiano è sotto osservazione da parte dei commissari della Bce e più in generale del mercato finanziario europeo.
Negli ultimi trent’anni abbiamo tradotto migliaia di documenti finanziari. Ci siamo occupati di bilanci, di comunicati agli azionisti, relazioni finanziarie, report semestrali e annuali, etc. Lo abbiamo fatto al fianco di clienti operanti nel settore bancario e finanziario che ci hanno aiutato a sviluppare le competenze tecniche, per questo seguiamo con attenzione gli sviluppi dell’economia italiana. Per interesse personale, certo. Per affinità con i nostri clienti, senza dubbio. Ma soprattutto perché le società globali come Intrawelt vivono in prima persona le influenze delle dinamiche economiche e commerciali su scala internazionale.
Note: Linee guida per le Banche sui Crediti Deteriorati (NPL) – Scarica
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