Tradurre le lingue minoritarie come attività di salvaguardia e internazionalizzazione
Le lingue indigene e minoritarie rappresentano un’importante risorsa sotto diversi punti di vista: in ambito sociale, permettono di consolidare l’identità collettiva di una determinata comunità, costituendone il valore storico e culturale; in ambito economico, invece, stanno iniziando ad assumere un ruolo sempre più strategico per il mercato del lavoro, la cooperazione internazionale e il turismo.
Stabilire con esattezza quante lingue indigene esistano nel mondo non è semplice. Una ricerca recente condotta dall’Università statunitense di Buffalo (New York) ne conta circa 6.300, mentre un articolo pubblicato su Horizon, magazine online della Commissione Europea, eleva la stima fino a 7.000. Tuttavia, secondo le previsioni, almeno la metà di esse rischia di scomparire entro i prossimi cento anni.
Spostando la lente d’ingrandimento sull’Europa, si calcolano circa 80 minoranze linguistiche, che corrispondono all’89% della diversità linguistica e culturale del continente. Secondo uno studio del 2023 condotto per la commissione PETI del Parlamento Europeo, però, dal 1991 in poi quasi i due terzi delle lingue minoritarie presenti nell’Unione europea e a livello paneuropeo hanno lentamente cominciato a dissolversi.
I dati emersi da questi studi sono allarmanti e sottolineano la necessità urgente di adottare misure concrete per tutelare e valorizzare le varianti linguistiche a livello globale: non è un caso, infatti, che sempre più imprese e istituzioni scelgano di interfacciarsi alle lingue minoritarie per veicolare informazioni e includere anche le popolazioni più remote nella comunicazione internazionale.
Ne è un esempio Amazon Prime Video, che poco meno di un anno fa aveva annunciato che avrebbe avviato una collaborazione con la tribù Cherokee, la più grande tribù nativa americana degli Stati Uniti, per fornire un servizio di doppiaggio e sottotitolazione dei propri contenuti digitali in lingua cherokee. L’obiettivo è quello di tutelare, promuovere e tramandare la diversità linguistica e condividere l’essenza di questa cultura indigena con tutti gli utenti.
È di poco tempo fa anche la notizia che Il Piccolo Principe, capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, abbia raggiunto la sua 600ª traduzione, diventando il libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia. L’iniziativa di tradurre il testo in lingua dulegaya, parlata dagli indigeni Guna nell’area compresa tra il nord-est di Panama e il nord della Colombia, ha lo scopo di preservare le lingue minoritarie e in via di estinzione attraverso la cultura e la letteratura, raggiungendo un pubblico sempre più vasto e rendendo il libro una vera e propria opera universale.
In Intrawelt, nel corso degli anni, abbiamo avuto l’opportunità di gestire alcuni progetti di traduzione verso lingue indigene e minoritarie, tra cui il laotiano, il bengalese, il vietnamita e il dialetto giryama, una lingua bantu derivante dallo swahili e parlata nel Kenya sud-orientale.
Quando accettiamo questi incarichi sappiamo che non si tratta mai solo di lavoro. Ogni lingua, più o meno diffusa che sia, è una ricchezza immateriale, un sistema complesso fatto di tradizioni, concetti e prospettive e il riflesso della visione del mondo di una determinata comunità. Per questo, come fornitori di servizi linguistici, sentiamo di avere una responsabilità concreta nei confronti delle lingue meno diffuse: tradurle per noi significa contribuire alla loro protezione e al rafforzamento delle radici culturali di intere popolazioni.